sabato 19 marzo 2011

Buona festa del papà

Ai nostri uomini che ci stanno affianco giorno dopo giorno
Al mio uomo dalle spalle grandi che si prende in spalla Richi e gli insegna ad affrontare la vita
Sulle cui spalle ogni tanto ci piango io perchè la vita non è sempre facile, e lui non ne ha paura
Nè della vita, nè delle lacrime
E a volte se non fosse papà lui, non sarei mamma io

Ai papà che leggono le favole ai loro figli e rimboccano loro le coperte
Ai papà che giocano al mostro con i loro bambini e poi li baciano teneramente
Ai papà che rischiano ogni giorno nelle fabbriche e nei cantieri
Ai papà che sono costretti a prendere due aerei a settimana per vedere la loro donna e i loro bambini, e a quelli la cui compagna deve fare altrettanto.

Ai papà che preparano le pappe e hanno perfino imparato a distinguere proteine da carboidrati
Ai papà che se fai i capricci per la pappa vai a letto senza cena
Ai papà che sei arrabbiato - quando sei arrabbiato devi parlare non picchiare
Ai papà stanchi, a quelli preoccupati e a quelli felici
Ai papà come quello di Richi che sa fare gli aerei più belli del mondo

Ai papà che sono la nostra metà.

La prima volta che Richi ha detto "ti voglio bene", l'ha detto a suo padre.

lunedì 14 marzo 2011

Gli amici e l'educazione

Da un po' di tempo Rocket la mattina non vuole andare all'asilo.
Si certo, non ha mai detto "voglio andare", ma da qualche settimana tira sempre più indietro.
Si nasconde in giro per la casa, non si fa vestire, si aggrappa a tutto quello che può offrire appiglio quando lo aggancio e cerco di trascinarlo via, insomma un casino, faccio sempre tardi.
Quando finalmente arriviamo al Dagis poi, fa di tutto per non mollarmi, nemmeno la bella maestra gli fa più effetto, frignotta, si aggrappa… poi quando riesco finalmente a dirgli ciao ed esco lo vedo dalla finestra che va a cercarsi un giocattolo quasi tranquillo, ma un po' imbronciato. E' un periodo di regressione, passerà.

Una mattina, una delle meno peggio, usciamo di casa quasi in orario… lui ovviamente è imbronciassimo. Però si sta bene, non fa nemmeno freddo, alla faccia dei mucchi di neve e del ghiaccio per terra.
Mi decido. E' ora di parlare da uomo a uomo.

Io: "Riccardo?".
R: "Eh?".
Io: "Andiamo all'asilo, dove c'è la maestra Maria e tuoi amici, sei contento?".
R: "No".
Io: "Ma fai tanti giochi, poi mangi la frutta, fai i disegni, non ti piace?".
R:"No".
Io: "Ma perché no?".
R: "…". Nessuna risposta. Ok, la domanda è troppo complicata.
Io: "Non ti piace giocare con i tuoi amici?".
R: "No".
Il nostro piccolo vichingo dovremmo chiamarlo Dottor No. "No" è la sua parola preferita, la risposta standard a tutto. Ma decido di indagare.
Io: "Come no? Ma A? e J? Non giochi con loro?" [due suoi compagni]
R: "No".
Io: "Come no? Ma scusa, A e J non vengono a giocare con te?"
R: "No".
Io: "Ma come, ti lasciano giocare da solo?"
R: "eh".

Un lampo blu elettrico monofase: la lingua. Riccardo è indietro con lo svedese rispetto agli altri bimbi della sua età... magari lo emarginano per quello, poi aggiungi che ogni tanto è stato un po' "violento" (qualche schiaffone se lo meriterebbe anche lui...).

Un flashback immediato, il film della mia vita passata dura solo 5 millisecondi ma è dettagliatissimo.

Ci sono io, a 10 anni, ho appena traslocato con la mia famiglia, da un ameno posto nella campagna fuori Roma (Valle Martella, il miglior posto dove un bambino posso trascorrere la propria infanzia) a Padova, anzi neanche Padova un comune della cintura urbana, con 15 mila abitanti.
Per me è una città, ma è molto diversa da come me l'ero immaginata.
Sapevo che sarei andato a vivere in un condominio (addio villa in campagna, addio piscinetta gonfiabile in giardino e quelle due grandi pietre che si scaldavano al sole), ma mi immaginavo la gente gioviale di Roma, e magari un condominio col portone di legno e i muri in pietra, come quelli di Zagarolo, con 2 sedie sotto, su cui c'erano le solite vecchiotte a spettegolare.
Sono rimasto deluso.

Ho trovato un palazzo moderno, in cemento armato, con il portone vetrato sempre vuoto, le scale buie. Vivevano tutti in casa, se trovavi qualcuno fuori era perchè stava entrando o uscendo, e al massimo era buongiorno o buonasera.
La scuola in compenso era bellissima, una vera SCUOLA come la disegnerebbe un bambino. La palestra attaccata superfantastica, intitolata ad Olof Palme, con il parquet, i canestri regolabili, la moquette rossa per le serate di gala.

I compagni di classe… dei gran pezzi di merda. Si atteggiavano tutti come dei figli di papà, avevano tutti qualcosa più di me, ne sapevano più di me sulle cose che contavano, e soprattutto, io ero il TERRONE di turno, e avrei fatto molto meglio a tornarmene a casa mia a Roma.

E' stata dura.
Sono stato quello emarginato per anni, e dopo mi sono isolato da solo, perché non mi piaceva il tipo di gente che avevo intorno.
E' stato dall'università in poi che mi sono fatto un po' di amici veri.

Poi adesso che avevo tanti amici veri li ho salutati tutti per venire in mezzo alla neve e al ghiaccio… CHEMERDA!

Mi sale l'adrenalina… da quando ho iniziato a fare questo pensiero a quando l'ho finita avrò' fatto si e no un passo.
Il discorso con il piccolo guerriero non si è nemmeno interrotto.

Io: "Allora Riccardo ascolta bene il papà adesso ok?"
R: "Ok". Mi stringe con la manina.
io: "Gli amici sono importanti, anzi no, sono importantissimi! Gli amici sono quelli che ti danno la forza. Gli amici sono quelli che ti aiutano quando sei in difficoltà, anche se non sono con te gli amici ti danno sempre tanta energia buona."
R: "Grunt!" [grugnito d'assenso].
Io: "Avere tanti amici è la cosa più bella del mondo, il papà ha tanti amici e li pensa sempre e gli fanno tanto bene".
R: "Grunt!" [altro grugnito d'assenso, il "Si" non lo ha mai detto].
Io: "Devi volergli bene agli amici, perché se tu gli vuoi bene, anche loro ti vogliono bene. Ed è bellissimo."
R: "Grunt!". [Chissà se a 18 anni imparerà mai a dire "SI"]
Io: "Adesso tu vai all'asilo e cerchi 2 belle macchinino, vai da uno dei tuoi amichetti gliene dai una e l'altra la tieni tu e giocate insieme. Va bene?
R: "Va bene". Tutto sorridente.

Entriamo all'asilo, gli tolgo guantini-giacca-cappello-sciarpa-stivaletti-pantaloni-imbottiti-pile…. "Riccardo??" non c'è più… volatilizzato…
Metto a posto tutte le sue cose nell'armadietto, verifico la scorta di vestiti puliti, faccio il giro, arrivo davanti la sua classe, la maestra mi saluta con un sorriso. Riccardo ha una macchinino in mano ma è concentratissimo e serio, sta cercando qualcosa giù in fondo alla stanza tra i giocattoli.
Io: "Ciao Riccardo, ehm… io vado… ".
R: mi guarda un attimo, lieve agitata di manina, poi si abbassa e prende un'altra macchinino e corre di là, dove non vedo.

Con estrema soddisfazione mi rimetto le scarpe, ed esco.
Sulla strada verso l'ufficio penso ai miei amici. A breve prenderò un aereo che mi porterà da loro, manco dall'Italia da troppo tempo. Non vedo l'ora!

giovedì 10 marzo 2011

Tutto è relativo

Silvia ha appena pubblicato questo post sulla sua esperienza relativa all'assistenza al parto in Svezia e a me è venuto da ridere... a questo punto devo proprio raccontare della conversazione che Silvia e io abbiamo avuto qualche giorno fa con una nostra amica ostetrica inglese che lavora qui. Siccome Silvia ha appena avuto il bimbo e io mi avvicino al grande giorno, si parlava ovviamente di parti, annessi e connessi. E io descrivevo innocentemente il mio primo parto, quando due anni e mezzo fa nacque il piccolo guerriero, in Italia.
Devo precisare che io ho sempre raccontato a chiunque mi stesse a sentire che ho un ricordo positivo sia del parto, sia dell'assistenza ricevuta prima e dopo al consultorio pubblico. Che durante il travaglio mi sono sempre sentita in buone mani e che ero molto soddisfatta delle ostetriche per la loro professionalità. Insomma, critico senza pietà l'Italia per altri versi, spesso e volentieri, ma per quanto riguarda la mia esperienza personale di questo aspetto particolare, non ho trovato lamentele da fare. Anzi, contentissima che il parto non fosse stato troppo medicalizzato, che mi avessero incoraggiata a muovermi liberamente durante il travaglio, fatto allattare il piccolo poco dopo la nascita (tutte cose che dovrebbero essere scontate, ma non lo sono) e di una quantità di altri dettagli.
Bene, allora racconto ridendo che in stanza travaglio (a due letti) ero di fianco a una signora nigeriana che aveva un travaglio difficile e ad ogni doglia si metteva a gridare "ooooh Jeeeeeesuuuus". E che il di lei marito agitatissimo calamitava tutta l'attenzione delle ostetriche, questo per circa tre ore. E che io e Marco appena arrivati in stanza ci guardavamo negli occhi un po' preoccupati (della serie, ma fa davvero così male? - poveri illusi...-).
Silvia e io con le lacrime agli occhi per il racconto e la nostra amica inglese scandalizzatissima "Ma è TERRIBILE, ma come si fa ad avere una stanza travaglio con DUE letti!? Ma una che è in travaglio non ha diritto di stare un po' in pace!?".
Poi racconto che in quei giorni ci fu un numero record di nascite per cui non c'era posto nel reparto di maternità. Riccardo era alla nursery ed io in un letto nell'edificio vicino, in ginecologia, in attesa che si liberasse un posto. A un certo punto pensai "be', sarà anche ora di allattarlo di nuovo" e con qualche traballamento mi feci i 100 m di strada, in camicia da notte e nelle condizioni psicofisiche che potete immaginare. Ovviamente, arrivata alla nursery, Riccardo dormiva fisso dopo che gli avevano dato dell'acqua e zucchero, quindi fatica sprecata...
E la nostra amica sempre più scandalizzata: "Ma se lo sanno TUTTI che il bambino deve stare con la madre ed essere allattato a richiesta... ma non poteva stare con te nel letto dov'eri?" Vaglielo a spiegare che in Italia nessuno si prende la responsabilità di avere un neonato in un reparto diverso dalla nursery... manca il personale apposito, e se succede qualcosa?
Conclusione del discorso, mia: "Comunque mi sono trovata bene..."
Conclusione simultanea dell'ostetrica inglese: "È INCREDIBILE, credevo che queste cose accadessero in Cina...".
Silvia e io ci guardiamo negli occhi e non sappiamo se ridere o no.

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PS un paio di settimane fa ho scritto un post sul congedo parentale in Svezia. Genitoricrescono, un bel sito di cui una delle autrici abita a Stoccolma, ha appena pubblicato un post analogo con in più una bella riflessione sulle ricadute positive del congedo parentale sulla parità di genere. Da leggere!

martedì 1 marzo 2011

I sogni dei bambini

Quando ero in italia, guardavo la tv solo per le gare di MotoGP e F1 (quando non ero da mia suocera …'azz…) e per le partite della nazionale (dopo la figuraccia dell'anno scorso gli tolgo la N). Qualche eccezione per le olimpiadi di Torino e poco altro.

Da non azzardarsi a spippolare col telecomando tra i canali, che veniva il voltastomaco. Tra litigoni familiari in diretta, critiche sanguinarie al colore degli infradito, approfondimenti scientifici della mutua ("le piramidi e gli alieni…") o reality per scegliere il nuovo coglione dell'anno, ti cascava tutto e non riuscivi nemmeno a cenare. L'unico canale che riusciva a salvarsi era Mtv.

Beh, si, poi essendo io e la mia dolce signora appassionati di animazione giapponese, di cinema e quant'altro, usavamo la tv per tutta la nostra collezione di film, erano contenuti offline, decisi da noi e senza pubblicità!
Bei tempi quelli. Senza figli, nel nostro piccolo nido, ci facevamo una birretta insieme sul divano davanti all'ultima creazione di Miyazaki… che bello!

Ora, non voglio venirvi a raccontare che qui in Svezia la tv è migliore… non sia mai. Le trasmissioni sono molto simili. Si certo, niente donne mezze nude su ogni canale ad ogni ora, ma la stupidità è più o meno la stessa.

La guardo? Si la guardo. No… ehm… lo faccio per "prendere" un po' meglio la lingua. E poi fa bene anche a Riccardo guardare qualche cartone animato locale, apprende i termini "tecnici" che io non gli posso insegnare.
E poi… beh carini questi cartoni animati svedesi… mumble mumble…

La tv statale svedese (Svt, equivalente alla Rai… ehm equivalente?) mette a disposizione un canale per minorenni ehm… bambini (Svt-B) che trasmette unicamente programmi per i più piccoli, senza pubblicità.
Si. Avete capito bene.
Gli stessi cartoni animati trasmessi NON sono pubblicità occulta di prodotti commerciali, sono per così dire "indipendenti"… si può' dire?
Gormiti, Pokemon, bambini che hanno bisogno di giocattoli speciali per giocare tra loro e divertirsi…. NO! Nulla di tutto questo!
Storie di bambini che vivono avventure muniti di fantasia e voglia di scoprire.

E poi… aspetta aspetta, non ci sono solo cartoni. C'é l'animazione di qualche buffone, tipo Bim Bum Bam, o l'Albero Azzurro (che la Rai ha deciso di non trasmettere più, forse per la par condicio).

E poi… la programmazione è intervallata da mini documentari di vario tipo. Scusate se sono un po' vago, ma capitemi… la sto scoprendo un po' alla volta.

Dicevo di questi mini documentari… hanno un format a misura di bimbo, le riprese sono fatte a circa un metro da terra, parlano solo i bambini, gli adulti fanno parte della tappezzeria solo se necessario.

Uno dei più belli faceva vedere la vita di Stefan (circa 12-13 anni) appassionato di cavalli ed equitazione. Stefan spiega il perché e il per come del cavallo in generale (come funziona il volante, l'acceleratore, dove sono i freni, il concetto delle sospensioni attive), poi presenta il suo cavallo, ne descrive il carattere, le stranezze, mostra come prendersene cura nel garage ehm .. stalla, come prevedere e gestire eventuali imprevisti. Eh vi sembrerà strano ma cosa può accadere quando si portano a spasso circa 400 kg di carne? Stefan sembra un ragazzo affidabile, spiega perfino come ha imparato a coccolarlo e calmarlo se il cavallo si innervosisce.
Poi si mette a raccontare della preparazione per le gare, e poi se ne esce che da grande vorrebbe avere un maneggio suo e vorrebbe lavorare con i cavalli, che gli piace quel tipo di ambiente, stare all'aperto….

Beh… voi mi direte "equitazione, roba da snob". Ok. Passiamo al prossimo.

Un altro doc, molto simile mostra una ragazzina col suo cane, (è super minorenne… non fatevi strane idee). Stesso format. Mostra come lo addestra, come lo fa giocare, come lo spazzola, ne descrive il carattere, l'intelligenza, l'affettuosità, di quando ha capito che sognava. Racconta le loro avventure.

Anche questa ragazzina mi ha impressionato, io alla sua età ero un'ameba credo, (ma sapevo cavalcare a 8 anni).

Vabbe' dai… cani, cavalli… siamo sempre lì.

Ecco ecco, un'altro…
Questa volta niente animali. Solo un album da disegno in primo piano, con disegni di case per giunta… cheppalle…
La bimba in questione dice "da grande voglio fare l'architetto". Mi metto a ridere dentro di me. Poveretta. Penso a tutte quelle persone che conosco che hanno studiato architettura e poi si sono trovate per non so quanti anni a lavorare gratis per un architetto. E tante sono ancora li. La gavetta all'italiana… Studi, ti laurei e poi non sei un cazzo di nessuno se non hai i soldi per aprirti lo studio e i contatti giusti.
Torno a guardare la ragazzina… Ops! La scena è cambiata… la ragazzina sta aprendo la porta… sembra di un ufficio… Una "segretaria" si alza da un tavolo e la accoglie: "Benvenuta, sono l'architetto tal dei tali…".
Me' cojoni!!! L'hanno portata in uno studio di architettura a vedere il mestiere VERO! L'architetta mostra piante di palazzi, rendering di case, schemi di tubature e le spiega quali sono le parti più interessanti del suo lavoro, ma anche le più noiose.

E' davvero bello vedere come stimolare dei bambini a portare avanti le loro passioni, e provare magari anche a vedere cosa succede se gli si da fiducia.

Si si certo, adesso con il digitale terrestre anche la Rai farà una trasmissione simile… fatemi sapere eh...